Braccia tese al cielo

La testa china sul tavolo verde.

Le braccia conserte abbandonate a quel verde accecante.
Stanco, distrutto.
I segni della sconfitta sul viso: le lacrime ancora lì, sulle guance umide, a testimoniarlo.
Dentro di te un senso di impotenza scaturito da una sconfitta devastante.

Non ci si poteva appellare alla sfortuna.
Non potesti far nulla perchè l’avversario era stato più forte.
Non più fortunato. Semplicemente più forte.

Su quel panno verde, le linee bianche ricalcavano i terribili fendenti che l’avversario aveva sferrato con inaudita violenza.
Non ti aveva umiliato.
Ti aveva dato una lezione di gioco. E ti aveva giustamente sconfitto.

E tu lì, da solo, al buio, a immaginare che un giorno i ruoli si sarebbero invertiti e che sarebbe stato lui lo sconfitto e tu, finalmente, il vincitore.

Qualche anno dopo…
Il panno verde. Le luci giallastre di quel pomeriggio invernale.
Avevi immaginato per anni quel giorno.
E mai avresti pensato che si potesse giocare la partita perfetta.
E vincesti. Anzi, dominasti.
Lui non ti sottovalutò anche se ti aveva sempre battuto.
La fortuna non ti servì. In passato ti aveva aiutato salvandoti da figure ben peggiori, ma stavolta si sedette a lato del tavolo a godersi lo spettacolo.

Quegli undici omini con la casacca granata sembravano fatati.
Ogni tocco, ogni tiro, qualsiasi cosa facessi loro ti avrebbero obbedito.
E vincesti. Largamente. Come mai avevi fatto in vita tua contro quello che era il tuo maestro.
E non fu vendetta. Fu felicità. Fu esaltazione. Fu bellezza.

E furono braccia tese verso il cielo. Proprio come quel centravanti ciclonico che campeggiava sul poster nella tua cameretta.
Braccia tese al cielo, pugni serrati, saltello verso l’alto.
Eri poco più di un bambino. Adesso sei un uomo che ama ricordare.
A braccia tese, coi pugni serrati, con un piccolo saltello verso l’alto.

 

ilbradipoerrante

Di Torino, amante di calcio e sport, laureato in storia del Cinema, innamorato di Caterina e Francesco, sposato con il Toro. Se rinascessi vorrei la voleè di McEnroe e il cappotto di Bogart. Ché non si sa mai.

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1 Risposta

  1. Volkovitz ha detto:

    Ah, il Subbuteo! Per me cresciuto da figlio unico a qualche km di distanza da ogni compagnia infantile, era un oggetto tanto attraente quanto inutilizzabile, almeno secondo le regole incluse nella confezione. Così dopo averle lette, sconsolato cominciavo a simulare una partita da solo: non era una novità: lo facevo pure con gli scacchi e addirittura col tavolo da ping pong (lo appoggiavo al muro…). Il problema vero era la mia distrazione: quanti ne ho schiacciati di omini mentre mi spostavo sulla moquette, preso dalla foga di un’azione! Poi si, si cresce e quando qualcuno mi invita a giocare a Subbuteo la risposta è inevitabile: “No, non sono capace, grazie”