Essere E.

La piccola pizzeria è incastrata tra un negozio di elettrodomestici e un’edicola.
L’ambiente è familiare, la cucina casalinga, la pizza pure e la farinata anche.
I prezzi sono prezzi del nuovo millennio.
Forse qualche anno fa avremmo avuto qualcosa da ridire.
Il locale è naif.
Come i proprietari.
E. serve ai tavoli, mentre K. prepara e sforna dal forno elettrico gustose (e oleose) pizze al padellino* di discreta fattura.
K. è una ragazza carina, verso i quaranta, minuta, con una voce da cartone animato ma con un caratterino niente male.
E. è un classico tamarro di periferia: culo basso, tatuaggi ovunque, capelli rasati sotto i bozzi occipitali e raccolti in alto in un codino tipicamente anni Novanta.
Parla un linguaggio strascicato tipico del tamarro torinesemeridionale.
Se dalla porta del locale entrasse Barack Obama o l’ultimo dei pezzenti di questa terra lui lo tratterebbe nella stessa maniera, in  maniera diciamo così, naif…
Dove naif sta per tu automatico.
Dove se chiedi: “E. me la fai ben cotta la pizza, per favore” E. ti risponde: “Certo…che cazzo. E come la vuoi, cruda?”.
Dove naif sta per E: “Ragazzi…dai ordiniamo. Prima vi dico cosa abbiamo fuori menù. Sempre che quei due vecchi di merda si tolgano dal bancone che non vedo un cazzo.”

Qualche anno fa, fuori dallo stadio, vedo E. visibilmente ubriaco.
Mi riconosce, mi saluta. Chiacchieriamo del più e del meno.
Pochi giorni dopo vado a pranzo nella sua pizzeria.
Mi siedo e noto che E. mi guarda di traverso. Mi scruta.
Poi si avvicina con il suo inseparabile blocchetto per le ordinazioni.

E. “Dov’è che ci siamo visti noi?”
Io: “Allo stad…”.
Non faccio in tempo a finire la frase che E. si volta verso K. (intenta a sfornare), poi si volta verso di me e sottovoce, con tono deciso, dice: “Fratè…io e te, non ci siamo mai visti. Ok?”.
Il tatuaggio sull’avanbraccio, coperto da una pezza di inchiostro blu, nasconde segreti inenarrabili o semplicemente un passato che alla dolce K. non piace affatto.
Per lui è normale dirti che fuori menù ci sono “la solita milanese, l’insalatona, le orecchiette con non so che cazzo ci ha messo dentro quella (dove quella sta per K.) e la nostra classica lasagna”.
Come se la lasagna fosse un marchio di fabbrica riconosciuto.
Come se a Vienna vi sedeste al Sacher Hotel e vi dicessero…”e poi abbiamo la nostra classica Sacher…”
E. è diciamo così, rustico
E. è così rustico che se chiedi l’olio piccante lui ti avvisa che il loro olio è molto piccante: “Guarda che questo non è l’olio cazzu cazzu…”
E. è così rustico che urla il suo amore per K. nel bel mezzo del servizio: “Dillo che stai con me solo per il mio sesso.”
E. è così rustico che te lo dice in faccia che la sua vita è un casino.
“Fratè…ascolta un cretino. Non ti sposare mai.”
E. è così rustico che te lo dice in faccia che i suoi suoceri non gli vanno a genio.
“Se divento come quello, beh…guarda, mi sparo. Faccio prima. Ma ti sembra possibile che ogni domenica che Gesù Cristo mette in terra, quello arriva alle dieci del mattino e mi suona per andare a fare colazione in pasticceria…”.
E. è così rustico che se in cassa arrivano dei clienti che pagano tutti con pezzi grossi, se arrivi tu con un pezzo da venti ti senti dire: “Ma anche tu con un venti? Bastardo…”
E. è così rustico che quando gli chiedi lo scontrino ti senti chiedere: “A che cazzo ti serve? Per il lavoro? Vabbè dai, te ne faccio uno da dieci euro. (anche se tu hai speso sette euro).”
E. è così rustico che una volta per non farmi lo scontrino mi ha detto: “Il registratore di cassa è rotto. Tu ne capisci di registratori di cassa? Perchè se non ne capisci tu…io lo scontrino non riesco a fartelo.”
E pensare che una volta, entrando, E. mi ha chiesto: “Avete prenotato?”
L’insostenibile rustichezza dell’essere…

*Per i non-torinesi, la pizza al padellino è una pizza rotonda cotta nel forno elettrico. Alta, molto morbida assomiglia molto ad un prodotto da panetteria.

ilbradipoerrante

Di Torino, amante di calcio e sport, laureato in storia del Cinema, innamorato di Caterina e Francesco, sposato con il Toro. Se rinascessi vorrei la voleè di McEnroe e il cappotto di Bogart. Ché non si sa mai.

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