Il giorno della morte di Mohamed Timoumi

“Allora lei si ritiene innocente?”.
Il commissario Roselli mi puntò in faccia il suo dito indice. 
Io non riuscivo a dire altro che: “Non è stata colpa mia. Non è stata colpa mia.”.
L’avrò ripetuto cento volte.
Eppure, credetemi…non fu colpa mia.
Mohamed Timoumi si gettò dall’ottavo piano di casa mia, davanti ai miei occhi e quelli del mio amico Michele.
Indossava la maglia del Marocco, quella della nazionale, rossa, numero dieci, con la stella verde sul petto.
Si gettò dal balcone e il gesto fu così repentino che non potei intervenire.
Oddio, visto che sono passati oramai più di vent’anni, posso confessarlo: fui io a spingere Mohamed Timoumi giù dal balcone.
Fui il primo a soccorrerlo nel cortile delle case Fiat di via Sospello…
 

Ecco cosa succede quando la sera, prima di addormentarsi, si leggono storie di Subbuteo.
Di notte poi si sogna e si elabora il tutto, condendo la storia di un mix di aneddoti divertenti.

La storia, in realtà, andò così.

Era l’estate successiva ai Mondiali di Messico86, quelli della Mano de Dios e del gol del secolo, del rigore sbagliato da Zico, della pessima figura italica e della sorpresa Marocco.

Avevo undici anni e una fervida immaginazione che andava a nozze con il calcio. Non aspettavo altro che scoprire una squadra sconosciuta, con giocatori altrettanto sconosciuti in grado di sorprendere le grandi nazionali, nuovi nomi da scrivere sulle mie agende e da leggere poi sugli almanacchi della Panini.

Il calcio era una scoperta continua. Non c’erano le paytv, internet e youtube.

C’erano le coppe solo al mercoledì, c’era poca tv e tanta radio.

C’era il Guerin Sportivo e c’eravamo noi. Uso il plurale perchè eravamo pazzeschi.
Conoscevamo le formazioni di tutte le squadre, le classifiche di tutti i campionati, i marcatori, gli allenatori, le maglie, gli arbitri.

Eravamo esperti di geografia, attendevamo il sorteggio delle coppe per andare a guardare l’atlante e scoprire che Hvidovre è un sobborgo di Copenaghen e che il Trabzonspor altrò non è che la squadra della città di Trebisonda, in Turchia.
Non per caso, in geografia alle elementari e alle medie avevo dieci.

Ritagliavamo foto, inventavamo giocatori, allargavamo i confini del calcio a nazioni dove il calcio non c’era ancora.

Organizzavamo tornei che oggi farebbero la felicità dei grandi clubs: un campionato per europeo a sedici o trentadue squadre, altro che Champions.

E così, in uno dei pomeriggi di quella calda estate, in un remake di una partita del girone F, sul tavolo della cucina di via Sospello si sfidarono Marocco e Inghilterra.

Ovviamente per noi fanatici del Subbuteo, possedere la nazionale dell’Inghilterra era tutto sommato normale: Michele muoveva le sue dita tra le belle maglie bianche con calzoncino blu della perfida Albione. 

Il Marocco all’epoca era introvabile e arrangiai una Roma particolarmente rossa (maglia, calzoncini e calzettoni) facendola passare per la nazionale maghrebina.

In porta Zaki, il portiere acrobata, con l’otto Bouderbala cervello del centrocampo, con il nove Krimau carnefice del Toro in una coppa Uefa (quella vera!) di qualche anno prima. 

Infine, con il numero dieci, lui: Mohamed Timoumi, funambolica mezzala e vero fuoriclasse della nazionale marocchina.

La partita è in bilico, quando ecco, che armo il mio indice per scagliare il pallone verso la porta difesa da Shilton (alias Michele): il pallone va sì verso la porta, ma la pedina numero dieci scavalca le recinzioni grigie (in stile Comunale di Torino anni Ottanta) e, complice la finestra del balcone aperta, scivolando sulle piastrelle, rotola pericolosamente verso la ringhiera e verso il baratro.

Non mi riesce il salvataggio in extremise Timoumi salta giù dall’ottavo piano. Lo troverò dieci minuti dopo, nel prato sottostante, totalmente integro.

Salvo, vivo e vegeto.

Da quel giorno, per le mie fantasiosecronache, Mohamed Timoumi divenne l’Immortale.

 

ilbradipoerrante

Di Torino, amante di calcio e sport, laureato in storia del Cinema, innamorato di Caterina e Francesco, sposato con il Toro. Se rinascessi vorrei la voleè di McEnroe e il cappotto di Bogart. Ché non si sa mai.

Ti potrebbe interessare anche...