Indignati a intermittenza

Premessa.

Sono un tifoso del Toro ed elettore del centrosinistra.

Non sono mai stato un acceso sostenitore della ricostruzione dello Stadio Filadefia.

Allo stesso tempo sono sempre stato convinto che solo in Italia, e in particolare a Torino, si poteva permettere tale scempio.

Questa settimana, il comune di Torino ha dichiarato che i soldi, stanziati nel 2006 da un’altra amministrazione, verranno messi a disposizione in due tranches tra il 2013 e il 2014.

Un secondo dopo vi è stata una levata di scudi che è partita dalla denuncia sociale, si è sviluppata come critica politica per finire nel becero campanilismo calcistico.

Un passo indietro.

Italia90, mondiali di calcio.

A Torino si inaugura lo stadio Delle Alpi. Ospiterà i mondiali e poi le partite casalinghe del Toro e dell’altra squadra di Torino. Costoso l’impianto, costosa la manutenzione.

Tanti, troppi, soldi di denaro pubblico gettati via per una (quasi) cattedrale nel deserto.

E così da impianto all’avanguardia, lo stadio delle Alpi, nonostante bellissimi concerti e un evento di atletica, diventa un fardello drammaticamente costoso e il comune di Torino decide di vendere l’area alla società bianconera.

La società progetta un nuovo e grande impianto sportivo con un nuovo centro commerciale, sullo stregua degli stadi di nuova generazione costruiti in giro per il mondo.

A chi parla di Filadelfia e di spreco di denaro pubblico vorrei far notare un paio di cosette. Fatemi mettere i cosiddetti puntini sulle i.

Ecco, forse, e dico forse, il Filadelfia non interessa a tutti e forse non è un’opera fondamentale per la società civile.

Ma dove erano tutti i Soloni che adesso gridano allo scandalo per questi 3.5 milioni, quando il comune ha svenduto l’area alla società che ha costruito l’avveneristico impianto nell’ex area Delle Alpi?

Dove erano quando il Delle Alpi, costruito con i soldi grazie ai soldi del credito sportivo è stato demolito per ricostruirne un altro ex novo?

Dove erano tutti quando il comune ha venduto l’intera area ad un prezzo fuori mercato, svendendone l’area commerciale…mettendo così in competizione, in un momento di grande crisi, due centri commerciali che distano nemmeno cento metri l’uno dall’altro?

Nessuno ha detto nulla. Nessuno si è scandalizzato.

Sono passati sei anni dalla decisione e dallo stanziamento del comune per l’area del Filadelfia.

Sei anni ai quali ne vanno aggiunti tanti, troppi, in cui lo Stadio Filadelfia ha subito un demolimento quasi totale ed è rimasto in vita, come un malato terminale.

Qualcuno ha provato a rianimarlo. Molti hanno provato ad ucciderlo definitavamente.

Le varie giunte comunali, i consorzi pro-Filadelfia, personaggi con etica poco cristallina…chi più chi meno si è prodotto in sforzi più o meno leciti.

I tifosi del Toro lo vedono come simbolo di rinascita. Molti di loro a più riprese hanno curato ciò che ne è rimasto per semplici commemorazioni, raccolte fondi, partite a sfondo benefico.

Da due anni a questa parte sembra che le cose stiano andando, lentamente, verso una definizione della questione Filadelfia.

34 progetti arrivati alla Fondazione. Destinazione d’uso definita: non sarà e non potrà più essere quello che era, ovvero uno stadio. Potrà essere un centro sportivo, potrà accogliere il museo del Grande Torino (che adesso è ospitato a Villa Claretta a Grugliasco), potrà essere la nuova casa delle squadre del settore giovanile granata, potrà essere la sede della società stessa.

Riqualificazione dell’area, parcheggi, magari anche qualche posto di lavoro in più, magari qualche area verde e qualche albero.

Ho sentito dire di tutto e di più. Comune ingrato, gli asili nido dimenticati, gli anziani, il welfare…insomma, tutti hanno stilato una loro lista di priorità e sono scesi “in piazza” con il peggior qualunquismo possibile.

Non ero mai stato un fautore accanito della ricostruzione.

Fino all’altro ieri.

ilbradipoerrante

Di Torino, amante di calcio e sport, laureato in storia del Cinema, innamorato di Caterina e Francesco, sposato con il Toro. Se rinascessi vorrei la voleè di McEnroe e il cappotto di Bogart. Ché non si sa mai.

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