L’Arbre, le Maire et la “Ludothèque”

Ero abituato a quei grigi e noiosi politicanti della seconda repubblica che durante le campagne elettorali davano in pasto agli elettori il famoso mantra “Nei primi 100 giorni faremo questo e faremo quello…” salvo poi dimenticarsi o scontrarsi con la schiacciante realtà che ne impediva velleità e idee.
Era curioso sentire che, da subito, ci sarebbero state iniziative e, per le opposizioni, era bello sapere che quei primi 100 giorni avrebbero rischiato di smascherare in maniera ineludibile gli avversari politici che avevano appena trionfato alle elezioni.
I primi 100 giorni sono, da sempre, un interessante banco di prova, un primo test, un bignami di cosa ci si può aspettare dai neoeletti.
I primi 100 giorni del Sindaco Appendino, qui a Torino sono riassumibili in un compendio pentastellato composto da parole (tante) e fatti (pochi).
Tanti no, diventati “ni”, tanti “faremo”, tanti “taglieremo qua, taglieremo là.”
E sui tagli, Chiaretta nostra, al secolo Chiara Appendino, non lesina gli sforzi.
Tagli al personale della macchina amministrativa (invisa ai grillini), tagli alle alghe del Po (indiscriminati e molto scenici, mi hanno ricordato la raccolta delle messi di mussoliniana memoria), tagli alle fermate dei bus (in via di sperimentazione) e tagli all’orario di servizio dei mezzi pubblici (in progress).
Al netto di panini in mensa, diete vegetariane, TAV e dimissioni di alcuni dei big della Torino che conta (vedasi, Profumo e la Compagnia di Sanpaolo), il lavoro della giunta è scarno e ancora deve ingranare.

Proprio oggi vengono fuori i primi numeri che indicano una quantità di delibere veramente imbarazzante (13 in 100 e qualcosa giorni di governo cittadino): molti diranno, sì e vabbè…non è la quantità ma la qualità.

Nel frattempo i giornalisti analizzano il modello Appendino per via di una continuità (solo apparente) con le politiche (e con alcune scelte) della giunta precedente, e si insinua più di un dubbio dopo le prime entusiasmanti giornate torinesi dell’armata grillina.

Parliamoci chiaro. Gli slogan della campagna elettorale risuonano ancora nelle orecchie dei più: prima le periferie, il trasporto pubblico che viene valorizzato ed esteso, ma Chiaretta, che poi stupida non è e deve fare di necessità virtù, ripensa ad alcuni dei niet! elettorali e li trasforma in sì, più o meno convinti.
In questa ottica vanno visti il dietrofront sulla variante Auchan, sull’urbanistica (vedi sovrappasso corso Grosseto), sull’inceneritore diventato improvvisamente utile alla causa torinese, in chiara opposizione con le dichiarazioni elettorali, e infine sul wifi che improvvisamente non è più una piaga da estirpare ma un plus da regalare a torinesi e turisti, estendendolo gratuitamente in tutta la città.

Certo ci si aspetterebbe qualcosa di più e di meglio, magari un’idea che sia anche impopolare ma almeno di proprietà intellettuale del movimento che, oltre a tirare fuori dai cassetti delle pessime idee del PD (si veda la questione 4 con le fermate soppresse) e intestarsi il merito di opere pubbliche della giunta precedente (la piazza smart che Sibilia pensa sia opera della nuova giunta), non è che abbia fatto granché.
Al contrario di molti altri voglio dare tempo a questa Giunta perché qualche cosa dovrà tirare fuori dal cassetto e sono proprio curioso di vedere quali idee saranno al servizio dei cittadini.
Ieri un articolo di Repubblica anticipava i futuri cambiamenti delle linee GTT, con alcune (cattive) novità sui mezzi pubblici, sulla loro frequenza e sui tagli (ahinoi) che riguarderanno la rete viaria torinese.

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Oggi, dopo qualche indagine (e qualche telefonata), mi sono deciso a scrivere questo post per segnalare un’altra situazione, diciamo così, sgradevole.

La storia, breve e triste, è questa.
La ludoteca l’Aquilone, corso Bramante fronte Molinette, resterà aperta solo il lunedì dalle 15 alle 18 e continuerà (per fortuna!) a garantire nelle mattinate che vanno dal martedì al venerdì, quel servizio nato per rispondere alle esigenze delle famiglie che, non fruendo di un servizio strutturato (nido d‘infanzia), volevano trovare spazi educativi di qualità per bambine e bambini. (leggo testuale dal sito del comune)

Vi racconto brevemente cosa è quella ludoteca.
Quella ludoteca, aperta negli anni Ottanta, è un avamposto di quartiere.
Uno degli ultimi, per la precisione.
Un avamposto per i bimbi che trovano un buon ritiro durante la stagione fredda, soprattutto quando piove o nevica, quando a Torino i parchi e i giardini sono infrequentabili per ovvie ragioni climatiche.
Utile ai nonni, per tenere a bada gli scatenati nipotini, la ludoteca è il luogo dove trovare giochi che a casa non tutti possono avere come il ping-pong, il biliardino…
È un luogo di educazione, un posto per i bimbi più bisognosi: quelli che hanno qualche difficoltà relazionale, quelli che vogliono stare insieme agli altri dove, per insieme, si intende, giocare insieme; la ludoteca è perfetta per tutti.

Tre ore, il lunedì. Tre ore scarse, visto che alle 17.30 i giochi si ritirano…ma questo è un altro discorso.
Motivo? “MANCANZA DI RISORSE.”
La solerte impiegata che mi risponde al telefono mi spiega che “tenerla aperta costa troppo a fronte dei pochi bambini che la frequentano”, “che la cooperativa costa troppo al comune”, “che i costi superano i benefici…”, “che il comune ha deciso che…lei capirà…”.
Solo che c’è un problema. Io non capisco. E poco mi importa di capire. E con me non capiscono altri genitori, altri nonni, altri bambini.

Ora però bisogna capire se di queste decisioni, vengono comprese le ripercussioni.
Allora chiedo. Ma chiudere uno spazio comunale ed evitare di rinnovare la concessione ad una cooperativa significa solo risparmiare?
Oppure in questi casi sarebbe meglio investire e inventarsi qualche cosa per tenere vive queste piccole realtà?

La chiudo così. Per mio figlio, l’anno scorso, quelle visite alla ludoteca sono state oggetto di svago, divertimento, gioia: uno stimolo forte che lo ha aiutato nel suo accidentato percorso costellato da qualche problemino linguistico di troppo.
Me lo ricorderò per lungo tempo il pianto dirotto di Francesco quando abbiamo trovato la ludoteca chiusa.

Quindi mi rivolgo a chi di dovere.
Ma se tagliamo i rami secchi di un albero, cara Chiara, abbiamo considerato le conseguenze?

Sono solo soldi? O l’educazione è un plus di cui possiamo fare a meno?
Non dovremmo cercare di includere, piuttosto che escludere? E in questo caso, mi sembra che si stiano penalizzando soprattutto le fasce più deboli della popolazione.
Sindaco, dove li portiamo i nostri piccoli? In qualche bel centro commerciale? Li abbandoniamo davanti a cartoni e televisione o cerchiamo una soluzione tutti insieme, magari coinvolgendo scuole del territorio, genitori che hanno qualche ora libera, dipendenti comunali e/o cooperative?

Il titolo di questo post richiama quello di un bel film di Rohmer: L’Arbre, le Maire et la Médiathèque.
La trama è presto raccontata: un sindaco viene convinto a tornare sui suoi passi, rispetto alla costruzione di un centro sportivo. Lo convincono facendo leva sulle tutele ambientali e sugli impatti della costruzione…
Ecco, caro Sindaco, voglio provare a convincerti che questa della ludoteca è una decisione sbagliata e che forse non ti stai rendendo conto, che non stai tagliando i rami di quell’albero ma ne stai tagliando le radici.

Ciao Chiaretta.
Stammi bene.
Ah, ti aspetto sempre in Circoscrizione 8. Au revoir.

ilbradipoerrante

Di Torino, amante di calcio e sport, laureato in storia del Cinema, innamorato di Caterina e Francesco, sposato con il Toro. Se rinascessi vorrei la voleè di McEnroe e il cappotto di Bogart. Ché non si sa mai.

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